Scuola di pensiero
La Gestalt non si occupa solo di terapia, o forse non se ne occupa proprio… In realtà, come diceva il suo fondatore F. Perls, il metodo è troppo buono per riservarlo esclusivamente ai malati. Certo, è diverso dagli altri, in modo sostanziale; specie per la visione della persona, realmente olistica (un tutto di corpo, cuore, mente, connesso all’ambiente), per la valorizzazione del diritto alla differenza, per l’affiancamento al concetto di terapia di quello di sviluppo personale, ma forse soprattutto per interessarsi molto poco della spiegazione dei comportamenti o di definizioni della normalità o della salute (come fa ad esempio gran parte della psicoanalisi, basata sull’interpretazione, una forma di spiegazione del comportamento), e molto di ciò che le persone sentono soggettivamente (ad esempio un doloroso vuoto anche quando hanno tutto ciò di cui hanno bisogno) e fanno (d’accordo, questo è ciò che ti succede; e tu cosa scegli di farne?).
Alcune parole chiave
Esperienza: Fare qualcosa, anche solo immaginando, è sostanzialmente diverso dal parlarne. Avere un libro su Parigi non è camminare di sera lungo la Senna. La mappa è diversa dal territorio. Il nocciolo del processo è entrare nell’esperienza, in modo diverso da come si fa nella vita di tutti i giorni, in un ambiente protetto che consenta di sperimentare nuove strade, in concreto. Poi la sperimentazione può proseguire fuori, nel mondo. Consapevolezza: Non siamo completamente padroni in casa nostra, se casa nostra è la nostra mente.
Anzi, spesso di ciò che succede dentro ne sappiamo pochino. Non tanto perché è inconscio, quanto perché siamo abituati a mettere sempre in figura alcune cose e lasciare sempre sullo sfondo altre. Sperimentare nuovi punti di vista permette di scendere gradualmente (“pelando la cipolla”) verso il profondo, ed essere sempre più liberi nelle scelte e sempre più aderenti ai nostri bisogni reali piuttosto che a fantasie o bisogni di qualcun altro.
Responsabilità: Questa parola va scorporata dal concetto di colpa: in Gestalt responsabilità si intende come response – ability, capacità di rispondere in modo efficace e rispondente ai propri bisogni agli eventi della vita. In ogni momento siamo obbligati a decidere per noi, e non possiamo delegare a nessuno quest’onere e questo onore.
Epochè: Ossia, sospensione del giudizio. Un buon terapeuta in Gestalt non giudica, fa un altro mestiere; ascolta i fatti dal punto di vista della persona, la aiuta a vedere i conflitti personali, e poi la accompagna a decidere per sé, creativamente, responsabilmente e in piena autonomia.
Relazione: Il terapeuta in Gestalt non è neutrale, passivo o asettico. Anzi, visto che la neutralità è impossibile, è attivamente coinvolto nel processo, si spende, può esprimere i suoi vissuti e interagisce con la persona in molti modi. E’ proprio la relazione tra persone il contenitore all’interno del quale può esserci un processo di sviluppo.
Fenomenologia: In breve, significa fare i conti con quello che c’è, con i fenomeni appunto. La pura e semplice descrizione degli eventi, i pensieri, le emozioni, le sensazioni. Se questo lavoro è accurato, spiegare il perché può essere superfluo.
Esistenzialismo: Non possiamo decidere quello che ci succede o succederà, e abbiamo ben poche certezze. Non possiamo decidere per gli altri, o cambiarli a nostro piacimento: non nel senso che è poco etico, ma nel senso che è impossibile, come ben sanno tutti i mariti e le mogli. Possiamo solo decidere per noi, e siamo obbligati a decidere, sempre: non decidere è una decisione. Come diceva Jean Paul
Sartre, non ha tanta importanza quello che gli altri ci fanno, ma quello che noi facciamo con quello che gli altri ci fanno.
Qui e ora: Ciò che conta è soprattutto la situazione concreta. Come va qui e oggi. Questo non significa, come molti conoscitori superficiali della Gestalt pensano, che non c’è mai un interesse alla storia della persona. Solo, questo interesse per il passato (lì e allora) è sviluppato solo in quanto quella storia è ancora presente in parole, pensieri, emozioni, punti di vista (qui e ora).
Polarità: Più che essere uno, siamo molti in uno. Abbiamo molti bisogni, spesso non conciliabili tra loro.
Vogliamo avere tempo e avere soldi, mangiare dolci ed essere magri, progettare e vivere alla giornata…ma siamo anche un capo di queste molte persone in una: e come capo, possiamo scegliere se essere un dittatore intransigente, e accontentare sempre e solo una parte (garantendoci una vita poco soddisfacente e aumentando di molto le possibilità di ammalarci, psichicamente e non), oppure imparare gradualmente a essere più democratici e illuminati, e venire incontro alle esigenze di tutti i nostri molti “me stesso”.
1.1.2 L’esperienza
Ma, come detto, la Gestalt è soprattutto un’esperienza. Non credo di avere i mezzi espressivi per rendere la mia prima esperienza di Gestalt da “paziente”, con Paolo Quattrini, diversi anni fa. In realtà, molte esperienze in una. La restituzione di una visione del problema completamente diversa dalla mia, ma altrettanto plausibile; un’accoglienza fatta di forza, ma anche di un rispetto talmente profondo da sembrare impossibile; una guida solida nel primo dialogo tra me e me, con la “sedia calda”, che ha continuato a lavorarmi dentro per i tre anni seguenti. E molto altro.
So what?
“Se ti assumi la responsabilità di quello che stai facendo, del modo in cui produci i tuoi sintomi, del modo in cui produci la tua malattia, del modo in cui produci la tua esistenza ‐ al momento stesso in cui entri in contatto con te stesso ‐ allora ha inizio la crescita, ha inizio l’integrazione.”
“Sarò con te. Sarò con te con il mio interesse, la mia noia, la mia pazienza, la mia rabbia, la mia disponibilità. Sarò con te […] ma non ti posso aiutare. Sarò con te. Tu farai quello che riterrai necessario.”
“La consapevolezza di per sé può essere curativa. Dato che con una piena consapevolezza si diventa autoconsapevoli dell’autoregolazione dell’organismo, si può lasciare che l’organismo prenda in mano la situazione senza interferire, senza interrompere: della saggezza dell’organismo ci si può fidare. Di contro a questo atteggiamento troviamo l’intera patologia dell’auto‐manipolazione, del controllo ambientale e via dicendo, che interferisce con i sottili meccanismi dell’autoregolazione organismica.”